STORIA CADORINA

La chiesa della Molinà a Vallesella costruita per un voto fatto nel ‘500

ERETTA PER CHIEDERE PROTEZIONE

DALLE ARMATE ASBURGICHE

di Antonio Chiades

Articolo tratto dal mensile Il Cadore pubblicato nel mese di Giugno 2009

La chiesetta, iniziata nel 1510, appare come sospesa nel vuoto con due navate parallele appoggiate sulla roccia.

Una costruzione sacra dalle caratteristiche assolutamente originali si trova in territorio di Domegge, al confine con Calalzo, a fianco della statale che la sfiora e che, tuttavia, difficilmente invita ad una sosta, per la collocazione priva di qualsiasi punto di riferimento per gli automobilisti in transito. Si tratta della chiesa dedicata alla Beata Vergine del Molinà che, incuneata su un alto burrone, prende il nome dal torrente che scorre più sotto. Inizialmente sul luogo esisteva una semplice cappella, ma per l’imperversare in Cadore delle armate asburgiche, era stato deciso di chiedere protezione alla Madonna con la realizzazione di una chiesa. Così, nel 1510, magister Ruopel padre aveva assunto la direzione dei lavori, affiancato da alcuni collaboratori e nel 1515 l’edificio era terminato. Lo spazio si era rivelato presto insufficiente, per la grande affluenza di fedeli. Di conseguenza, fra il 1579 e il 1580, la Confraternita dei Battuti di Domegge aveva provveduto ad un ampliamento, erigendo una seconda navata. La chiesa veniva ad assumere, così, l’originalità della forma attuale: appare come sospesa nel vuoto, con due navate parallele appoggiate sulla roccia, di grandezza pressoché uguale, divise all’interno da una salda colonna. La costruzione è resa più elegante e slanciata dall’inserimento di un reticolo di nervature, tipico dello stile di Ruopel, originario della Stiria e stabilitosi in Carnia, attivo in Cadore, come i figli, anche in altri edifici sacri. Gli altari sono dedicati alla Madonna delle Grazie e a santa Apollonia. La Vergine è resa pittoricamente da un affresco risalente forse al XV secolo, dallo stile piuttosto severo, evocante richiami alla pittura nordica e nella credenza popolare dotato di poteri miracolosi. Sulla seconda navata campeggia S. Apollonia con a fianco S.Lucia, protettrice della vista e, in alto, la Madonna. Apollonia, vissuta ad Alessandria d’Egitto, è stata martirizzata tra il 248 e il 249 durante una delle frequenti persecuzioni attuate contro i cristiani. Si narra che si sarebbe gettata volontariamente nel rogo predisposto per lei qualora non avesse pronunciato parole offensive verso Dio. Sembra fosse stata colpita alvolto finché, per le percosse ricevute, le erano caduti i denti. Secondo un’altra versione, alla santa - la festa il 9 febbraio - i denti sarebbero stati strappati con una tenaglia.

Comunque fosse, il culto di Apollonia, si era largamente diffuso in Occidente. E anche in Cadore. Inizialmente, alla Molinà, era collocato un dipinto originale di Marco Vecellio, trasferito per motivi di sicurezza, durante la “grande guerra”, nella parrocchiale di Domegge, sul primo altare a destra dopo l’ingresso. Alla Molinà, invece, si trova una copia realizzata dal pittore Cherubin di Valle di Cadore. L’altare ligneo dove è collocato il dipinto, nella seconda delle due costruzioni parallele, si presenta elaborato con raffinatezza, dorato e dipinto. S.Apollonia è tradizionalmente considerata la protettrice dei dentisti e di coloro che soffrono di mal di denti. Nonostante la posizione, diventata di difficile accesso per l’aumento del traffico stradale, e i danni subiti durante le due guerre mondiali del secolo scorso, la chiesa continua a restar ferma sulla roccia, suscitando stupore ed ammirazione in quanti hanno la pazienza e la fortuna di scoprirla. Attorno alla Madonna delle Grazie, infatti, si è andata radicando nei secoli una convinta fama di protezione, dal momento che diverse persone, cadute nel sottostante precipizio, ne erano uscite praticamente illese. Alle due navate, raccordate da archi di luce, si può accedere da altrettanti ingressi laterali, attraverso porte borchiate che trasmettono antiche, indefinibili sensazioni. L’arredamento è essenziale ed austero, in sintonia con la struttura muraria. All’interno è visibile anche un olio del XVII secolo, su cornice dipinta, raffigurante l’Immacolata. Ma soprattutto è possibile ammirare un Crocifisso ligneo del XVIII secolo, sospeso fra le due navate, caratterizzato da una ciocca di capelli ricadente su una spalla di Gesù. Di recente la chiesa, dove nelle domeniche estive si celebra la Messa serale, è stata anche dotata di una Via Crucis. L’insieme si presenta alquanto spoglio, ma proprio per questo suggerisce, nella poca luce, pensieri profondi sul mistero della vita e della morte.

Alla Molinà esistono inoltre una sacrestia ed una stanza soprastante, occupata per un periodo dal fondatore dei Romiti, i frati che avevano costruito il loro eremo sul vicino monte Froppa, sempre in territorio di Domegge. Il locale è dotato di un focolare. Da un’altra porta, appaiata, si sale sul campanile seicentesco dal quale si staccano risonanze di limpido richiamo. Sulle due pareti esterne, inoltre, vi sono affreschi risalenti al periodo di costruzione della chiesa. Ma uno solo è leggibile e riproduce una Madonna in trono col Bambino. L’altro appare completamente rovinato. Nonostante la vicinanza della strada, che passa quasi all’altezza del tetto, anche una sosta esterna attorno alla chiesa possiede un’attrattiva quasi magnetica, con gli strapiombi che circondano l’edificio e le inconfondibili decorazioni di magister Ruopel, collocate sul sottogronda.

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