STORIA CADORINA
SEGNI DI CASA
di Marcello Rosina
Articolo tratto dal mensile Il Cadore pubblicato nel mese di gennaio 2009
Oggi non lo si utilizza più, a parte l’uso che ne fa qualcuno nella ricerca di una patina di antichità, ma una volta il segno di casa era impiegato quando si doveva attestare la proprietà. Il significato originale di questo segno: stemma distintivo della famiglia, stava rinchiuso nell’individualità delimitante il singolo spazio nell’ambito della collettività e serviva a distinguere non solo i ceppi familiari ma anche i diversi rami che ne erano stati originati. A Calalzo di Cadore, finora, non è stato rintracciato l’apposito libro che doveva essere custodito nel municipio e prima ancora nella casa della Regole e sul quale si registravano tutti i segni di proprietà i quali venivano impressi con una piccola mannaia o con quell’attrezzo tipico chiamato ‘fer da segnà’, sulle piante, recise o no, e su tutti i vari oggetti di proprietà. Ogni singolo componente la comunità era capace di ‘leggere’ quei segni la cui composizione poteva rappresentare le iniziali del proprietario e simbolizzarle in un complesso disegno al le volte costituito da un insieme di linee formanti un particolare distintivo. L’uso dei segni di casa era, insomma, una semplice necessità aliena da qualsiasi implicazione di natura araldica. Esperti del settore, come risulta dalla ricerca di Giorgio Marcuzzi pubblicata nel bimestrale ‘Dolomiti’ nell’aprile del 1992, si sono interessati a questi sporadici rimasugli che testimoniano come anche in Cadore ci fosse l’usanza di usarli. E’ da notare subito che il segno antico di casa era, per consuetudine, riservato al fratello più anziano, mentre il segno della ‘noda’, che veniva praticato agli animali minuti, toccava al secondo fratello. Storicamente si sa che il primo uso di questi segni è stato ideato nella Germania settentrionale, in Svezia ed in Norvegia ed è sicuramente il segno più antico e più semplice che serva ad indicare la proprietà ed è stato originato dalle necessità della vita quotidiana. I segni incisi sono stati studiati ma l’interpretazione è estremamente difficile o persino impossibile giacché potevano essere esclusivi di una famiglia, o passare di generazione in generazione tali e quali oppure acquisire via via nuovi elementi. A Rizzios di Calalzo di Cadore, nei tabià e nelle case più antiche ne esistono ancora sulle travi sia esterne che interne. Questi segni sono di una grande semplicità, senza molta fantasia ed ancor meno senso estetico o artistico e sono ottenuti combinando in tutti i modi possibili linee rette, oblique, intersecantesi nei modi più svariati, con segni aggiunti che spesso sono delle croci. A volte si ricorre anche a qualche linea cur va. Base fondamentale è una V rovesciata (o Lamba maiuscola) e poche solo le lettere italiane o latine utilizzate. I segni sono eseguiti in modo rozzo, irregolare o con uno strumento inadeguato, o con scarsa tecnologia e cultura in senso lato. Sono fatti da persone che probabilmente non sapevano né leggere né scrivere ed erano usati a volte come firma e sono dovuti alla fantasia dell’incisore, cioè del proprietario il quale poteva ispirarsi a scritte similari reperite su oggetti vari di legno, di ferro, fittili o su pietre che risalivano anche a molti secoli prima. A Rizzios si trovano dei segni del tutto fantastici, creati per essere segni di casa o di proprietà e sembrano in parte decifrabili o addirittura dei digrammi cioè dell’unione di due lettere per indicare un solo suono. E’ da notare che il segno indicante la famiglia Frescura Biral, del 1760, ricorda un monogramma, cioè una sola lettera mentre la famiglia De Carlo ha un altro simbolo. Sempre a Rizzios è stato rilevato il segno , unica testimonianza che sembra riportare alla scrittura degli antichi popoli settentrionali germanici e scandinavi, presso i quali ebbe origine il ‘segno di casa’. A Domegge di Cadore, invece, sono stati trovati dei fiorellini e dei simboli zoomorfi.
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